Sintesi proteica e ipertrofia

Quando si parla di ipertrofia muscolare durante l’allenamento di forza viene fuori il concetto di “sintesi proteica“.

Allenamento, Danno muscolare, alimentazione Sintesi proteica e Ipertrofia

La sintesi proteica è il processo attraverso il quale il corpo costruisce nuove proteine a livello cellulare.

Nell’ambito dell’allenamento della forza e dell’ipertrofia muscolare, la sintesi proteica assume un ruolo fondamentale.

Quando esegui esercizi di Forza o sollevamento con pesi, le fibre muscolari subiscono stress e microlesioni. Per far fronte a queste lesioni e riparare i tessuti muscolari danneggiati, il corpo attiva la sintesi proteica.

Durante questo processo, vengono create nuove proteine muscolari o vengono riparate quelle danneggiate.

L’ipertrofia muscolare, che è l’aumento delle dimensioni delle fibre muscolari, avviene quando la sintesi proteica supera la degradazione proteica (il processo opposto, in cui le proteine muscolari vengono rotte).

In altre parole, se la sintesi proteica è maggiore della degradazione proteica, si verifica un accumulo netto di proteine, che si traduce in un aumento della dimensione del muscolo e un aumento della forza muscolare.

Quindi per favorire l’ipertrofia muscolare durante l’allenamento di forza, è importante creare le condizioni ottimali affinché la sintesi proteica superi la degradazione proteica.

Ciò può essere ottenuto attraverso una combinazione di un adeguato apporto proteico nella dieta, un allenamento di forza regolare e ben strutturato, il riposo adeguato e il recupero, nonché una corretta gestione dello stress.

Quindi per favorire un aumento netto della sintesi proteica rispetto alla degradazione proteica, è importante adottare una serie di strategie che ottimizzino il processo di riparazione e crescita muscolare.

  1. Apporto proteico adeguato: consumare una quantità sufficiente di proteine nella tua dieta. Le proteine forniscono gli amminoacidi necessari per la sintesi proteica. Le linee guida generalmente raccomandano un apporto proteico giornaliero di circa 1,6-2,2 grammi per chilogrammo di peso corporeo per gli individui che praticano allenamenti di forza.
  2. Distribuzione equilibrata delle proteine: Consumare proteine a ogni pasto e snack per garantire un costante apporto di amminoacidi nel corso della giornata. Questo può aiutare a mantenere attiva la sintesi proteica per un periodo più lungo.
  3. Assunzione di proteine di alta qualità: Le proteine di alta qualità, come quelle presenti nella carne magra, nel pesce, nei latticini, nelle uova e nelle proteine vegetali complete (come il tofu e il seitan), forniscono tutti gli amminoacidi essenziali necessari per la sintesi proteica.
  4. Consumo di carboidrati: I carboidrati possono influenzare la sintesi proteica favorendo l’insulina, un ormone anabolico che stimola la captazione di amminoacidi nelle cellule muscolari. Assicurarsi di includere una quantità adeguata di carboidrati nella dieta, soprattutto dopo l’allenamento.
  5. Esercizio fisico regolare e stimolante: L’allenamento di forza, in particolare gli esercizi di sollevamento pesi, è un potente stimolo per la sintesi proteica muscolare. Includere esercizi di forza regolari nel programma di allenamento e di variare gli esercizi per stimolare diverse parti del corpo.
  6. Recupero adeguato: Il riposo e il recupero sono cruciali per la crescita muscolare. Un sonno di qualità, ridurre lo stress e concedere al corpo il tempo necessario per recuperare dopo l’allenamento.
  7. Assunzione di amminoacidi a catena ramificata (BCAA) o integratori di proteine: Integratori come i BCAA possono fornire amminoacidi essenziali in forma concentrata, aiutando a stimolare la sintesi proteica durante o dopo l’allenamento. Tuttavia, assicurarsi sempre di ottenere la maggior parte delle tue proteine dalla dieta.

Combinando queste strategie consente alla sintesi proteica di superare la degradazione proteica e favorire l’ipertrofia muscolare.

Leggi WIKIPEDIA sull’ipertrofia

Domande e risposte sul colesterolo

1.

D: Qual è il ruolo del colesterolo nella struttura delle membrane cellulari?

R: Il colesterolo è un componente essenziale delle membrane cellulari, contribuendo alla loro fluidità, permeabilità e compattezza.

2.

D: Quali sono gli effetti delle endotossine sul profilo lipidico del miocardio?

R: È stato scoperto che le endotossine aumentano significativamente il contenuto lipidico totale nel miocardio dei topi.

3.

D: Qual è il ruolo della lisofosfatidilcolina nelle particelle LDL?

R: La lisofosfatidilcolina è presente nelle particelle LDL e contribuisce alla loro struttura e funzione.

4.

D: Quali sono le implicazioni genetiche del colesterolo?

R: I geni svolgono un ruolo nella regolazione dei livelli di colesterolo e del metabolismo.

5.

D: Quali componenti lipidici vengono principalmente alterati nei casi di febbre dengue?

R: I triacilgliceroli, gli acidi grassi liberi, il colesterolo esterificato e il colesterolo libero sono i principali componenti lipidici che vengono alterati nei casi di febbre dengue.

6.

D: In che modo il colesterolo contribuisce allo sviluppo di malattie cardiovascolari?

R: Livelli elevati di colesterolo, in particolare di colesterolo LDL, rappresentano un importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari.

7.

D: Quante molecole di diacilglicerolo sono presenti in una particella LDL?

R: Ci sono 7 molecole di diacilglicerolo in una particella LDL.

8.

D: Qual è la funzione della ceramide nelle particelle LDL?

R: La ceramide è presente nelle particelle LDL e svolge un ruolo nella loro struttura e funzione.

9.

D: Quali sono le implicazioni naturali del colesterolo?

R: Il colesterolo ha molteplici funzioni biologiche, tra cui quello di essere un precursore di sali biliari, ormoni steroidei e vitamina D.

10.

D: In che modo la modulazione genetica e farmacologica della biosintesi del colesterolo influisce sulla replicazione del virus dengue?

R: La modulazione della biosintesi del colesterolo può regolare la replicazione del virus dengue, suggerendo che il colesterolo gioca un ruolo nel ciclo di vita del virus.

11.

D: Qual è il ruolo dell’alfa-tocoferolo nelle particelle LDL?

R: L’alfa-tocoferolo è presente nelle particelle LDL e contribuisce alle loro proprietà antiossidanti.

12.

D: Quali sono i diversi tipi di colesterolo e le loro funzioni?

R: Esistono diversi tipi di colesterolo, tra cui LDL (lipoproteine ​​a bassa densità) e HDL (lipoproteine ​​ad alta densità), che hanno ruoli diversi nel trasporto e nel metabolismo del colesterolo.

13.

D: Quali sono le anomalie lipidiche più comuni osservate negli individui sieropositivi?

R: Le anomalie dei lipidi sono comuni nei soggetti positivi all’HIV naive al trattamento, anche in assenza di fattori di rischio significativi correlati all’ospite per la dislipidemia.

14.

D: Qual è la funzione principale delle particelle HDL?

R: Le particelle HDL trasportano il colesterolo dalle cellule e dai tessuti al fegato per l’escrezione, riducendo i livelli di colesterolo nel sangue.

15.

D: Come viene sintetizzato il colesterolo nel corpo?

R: Il colesterolo viene sintetizzato principalmente nel fegato e nell’intestino attraverso una serie di reazioni enzimatiche note come via del mevalonato.

16.

D: Perché i pazienti infetti da HIV dovrebbero sottoporsi a uno screening di routine per i disturbi lipidici prima di iniziare la terapia antiretrovirale?

R: I pazienti infetti da HIV devono essere sottoposti a screening di routine per disturbi lipidici prima di iniziare la terapia antiretrovirale per identificare e gestire eventuali anomalie lipidiche preesistenti.

17.

D: Qual è il ruolo delle particelle VLDL nel trasporto dei lipidi?

R: Le particelle VLDL trasportano i trigliceridi dal fegato ai tessuti periferici per la conservazione.

18.

D: Cosa sono le lipoproteine ​​e il loro ruolo nel trasporto del colesterolo?

R: Le lipoproteine ​​sono complessi proteina-lipide che trasportano il colesterolo e altri lipidi nel flusso sanguigno. Svolgono un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’omeostasi del colesterolo.

19.

D: Qual è il significato del colesterolo nella patogenesi delle malattie neurodegenerative?

R: Il colesterolo è stato studiato nel contesto delle malattie neurodegenerative ed è stato esplorato il suo coinvolgimento nella patogenesi di queste malattie.

20.

D: Cosa sono i trigliceridi e come vengono metabolizzati nel corpo?

R: I trigliceridi sono un tipo di grasso presente nel corpo. Vengono metabolizzati dopo essere entrati nell’intestino e poi nel fegato, subendo successive fasi di metabolismo.

21.

D: In che modo il colesterolo contribuisce allo sviluppo della malattia coronarica?

R: Il colesterolo è un importante fattore di rischio per lo sviluppo della malattia coronarica.

22.

D: Qual è il significato del colesterolo LDL?

R: Il colesterolo LDL, noto anche come colesterolo “cattivo”, trasporta il colesterolo dal fegato e dall’intestino alle cellule e ai tessuti del corpo. Livelli elevati di colesterolo LDL sono associati ad un aumento del rischio di malattie cardiovascolari.

23.

D: Quali sono alcuni geni associati ai disturbi del colesterolo?

R: Alcuni geni associati ai disturbi del colesterolo includono LDLR, APOB, PCSK9, LDLRAP1, APOA1, ABCA1, APOE e LCAT.

24.

D: In che modo il colesterolo influisce sul metabolismo cellulare?

R: Il colesterolo è coinvolto nel metabolismo cellulare e funge da precursore per la sintesi degli ormoni steroidei, della vitamina D e degli acidi biliari.

25.

D: Qual è il ruolo del gene LDLR nella regolazione del colesterolo?

R: Il gene LDLR è coinvolto nell’omeostasi del colesterolo e nel trasporto delle particelle LDL. Le mutazioni in questo gene possono portare a ipercolesterolemia familiare e aterosclerosi.

26.

D: Quali sono alcune opzioni alimentari naturali che possono aiutare a ridurre i livelli di colesterolo?

R: Diversi alimenti, come melograno, arancia, aglio, avena e mandorle, hanno dimostrato di poter ridurre i livelli di colesterolo.

27.

D: Quali sono le implicazioni cliniche dei livelli elevati di colesterolo?

R: Livelli elevati di colesterolo, in particolare di colesterolo LDL, sono associati ad un aumento del rischio di aterosclerosi, diabete e morbo di Alzheimer.

28.

D: Come funzionano i farmaci come le statine per abbassare i livelli di colesterolo?

R: Farmaci come le statine abbassano i livelli di colesterolo inibendone la sintesi nel fegato e aumentando la produzione di HDL da parte del fegato.

29.

D: Come si possono gestire i livelli di colesterolo attraverso la dieta e i prodotti naturali?

R: È stato dimostrato che alcuni prodotti a base vegetale riducono i livelli di colesterolo. Inoltre, le modifiche alla dieta possono aiutare a gestire i livelli di colesterolo.

30.

D: In che modo il gene APOB contribuisce al metabolismo del colesterolo?

R: Il gene APOB è coinvolto nella sintesi dell’apolipoproteina B, un importante componente proteico delle particelle LDL. Le mutazioni in questo gene possono portare a ipercolesterolemia familiare e aterosclerosi.

31.

D: Qual è il meccanismo d’azione dell’avena nel ridurre i livelli di colesterolo?

R: L’avena riduce i livelli di colesterolo aumentando l’escrezione di steroli neutri, promuovendo la degradazione del colesterolo epatico e inibendo la sintesi di ApoB.

32.

D: Qual è la funzione del gene PCSK9 nella regolazione del colesterolo?

R: Il gene PCSK9 regola i livelli di colesterolo nel sangue diminuendo i livelli dei recettori LDL nel fegato e nei tessuti extraepatici. Le mutazioni in questo gene possono portare a ipercolesterolemia familiare.

33.

D: Quali sono i diversi tipi di lipoproteine ​​e le loro funzioni?

R: Le lipoproteine ​​includono LDL (lipoproteine ​​a bassa densità), HDL (lipoproteine ​​ad alta densità) e VLDL (lipoproteine ​​a densità molto bassa). Svolgono un ruolo nel trasporto del colesterolo, nel metabolismo e nella salute cardiovascolare.

34.

D: Come si può ingegnerizzare l’espressione genica per regolare i recettori LDL e ridurre i livelli di colesterolo?

R: L’espressione genica può essere ingegnerizzata per esprimere versioni modificate dei recettori LDL, che possono migliorare il legame e l’assorbimento delle LDL, riducendo potenzialmente i livelli di colesterolo.

35.

D: In che modo il colesterolo contribuisce allo sviluppo dell’aterosclerosi?

R: Il colesterolo in eccesso può portare alla formazione di placche nelle arterie, causando aterosclerosi e limitando il flusso sanguigno.

36.

D: Qual è il ruolo del gene LDLRAP1 nel metabolismo del colesterolo?

R: Il gene LDLRAP1 è coinvolto nella rimozione del colesterolo dal flusso sanguigno. Le mutazioni in questo gene possono portare a ipercolesterolemia familiare e aterosclerosi.

37.

D: In che modo il gene APOE contribuisce al metabolismo del colesterolo?

R: Il gene APOE è coinvolto nel catabolismo dei componenti ricchi di lipoproteine. Le mutazioni in questo gene possono portare a iperlipoproteinemia familiare di tipo III e ad un aumento del rischio di malattie cardiovascolari.

38.

D: Quali sono gli effetti del colesterolo sulla salute umana?

R: Il colesterolo svolge un ruolo vitale in vari processi fisiologici ma può anche contribuire allo sviluppo di malattie come l’aterosclerosi. Comprenderne le implicazioni è fondamentale per il mantenimento della salute generale.

39.

D: Quali sono alcuni approcci alternativi per ridurre i livelli di colesterolo oltre ai farmaci?

R: Oltre ai farmaci, gli approcci alternativi per ridurre i livelli di colesterolo includono cambiamenti nella dieta, come il consumo di cereali integrali, noci, pesce grasso e canna da zucchero pura, oltre all’integrazione di prodotti alimentari naturali come melograno, arancia, aglio e avena.

40.

D: Qual è l’importanza della riduzione dei livelli di colesterolo nella prevenzione delle malattie cardiovascolari?

R: Abbassare i livelli di colesterolo può ridurre significativamente il rischio di blocchi, ictus e mortalità associati a malattie cardiovascolari.

Cosa si intende per Functional Strength Training

Il Functional Strength Training ovvero Allenamento della Forza Funzionale è un tipo di programma di allenamento che negli ultimi quindici anni è diventato molto popolare nelle palestre.

A differenza delle classiche esercitazioni che si concentrano su gruppi muscolari specifici, l’allenamento funzionale è progettato per migliorare i modelli di movimento nella sua interezza. Utile non solo ad atleti di alto livello ma anche utilissimo per  aiutare le persone a svolgere attività quotidiane con maggiore facilità ed efficienza.

In questo articolo indaghiamo cos’è l’allenamento per la forza funzionale, perché è importante e come si confronta con altri tipi di esercizi.

Innanzitutto, è importante precisare che l’allenamento funzionale si riferisce a un tipo di training mirato a essere efficace per un’attività specifica. Pertanto, per uno sciatore, si adotta un regime d’allenamento adatto al suo sport, mentre per un ciclista, l’allenamento funzionale si focalizzerà su esercizi pensati per potenziare la forza per esempio in relazione al ciclismo.

Ma come deve essere l’allenamento funzionale per un “non Atleta”?

Functional Strength Training per un non atleta prevede esercizi con movimenti che imitano le attività quotidiane come camminare, sollevare pesi e piegarsi. Gli esercizi tradizionali di allenamento per la forza, come per esempio le distensioni su panca piana oppure l’allenamento dei bicipiti classici esercizi che vengono proposti in sala pesi, sono ottimi per sviluppare massa e forza muscolare, ma potrebbero non essere adatti alle attività quotidiane.

Al contrario, l’allenamento funzionale consiste nell’allenare il corpo per i movimenti che usiamo nella vita quotidiana. È un tipo di esercizio che enfatizza i movimenti che ricordano da vicino le attività quotidiane.

Ad esempio, se vuoi migliorare la tua capacità di trasportare la spesa, l’esercizio più funzionale sarebbe la camminata del contadino , che prevede di afferrare e trasportare pesi in ciascuna mano mentre si cammina. Incorporando esercizi funzionali come la camminata del contadino nella tua routine di allenamento, puoi migliorare la tua forma fisica generale e allenare il tuo corpo a gestire le esigenze fisiche della vita quotidiana.

Perché è importante l’allenamento della forza funzionale?

L’allenamento della forza funzionale è essenziale per le persone di tutte le età, non solo per gli anziani. Sebbene l’allenamento funzionale possa aiutare gli anziani a mantenere la capacità di svolgere le attività quotidiane, può anche avvantaggiare i soggetti più giovani che desiderano migliorare la propria forma fisica generale e le prestazioni atletiche.

Allo stesso modo, le persone che svolgono lavori fisicamente impegnativi, come l’edilizia o il lavoro manuale, possono beneficiare di un allenamento funzionale focalizzato sui movimenti e sui compiti richiesti dal loro lavoro. Ciò può aiutare a ridurre il rischio di infortuni e a migliorare la capacità di svolgere il proprio lavoro in modo sicuro ed efficace.

In sostanza, l’allenamento funzionale consiste nell’allenare il corpo a muoversi in un modo specifico per le attività e i movimenti che eseguiamo nella nostra vita quotidiana, sia che si tratti di trasportare la spesa o di sollevare oggetti pesanti al lavoro. Incorporando esercizi di allenamento funzionale nella nostra routine di allenamento, possiamo migliorare la nostra forma fisica generale e ridurre il rischio di infortuni, indipendentemente dall’età o dal livello di forma fisica.

Vantaggi dell’allenamento funzionale

Un vantaggio significativo dell’allenamento funzionale è che richiede poca o nessuna attrezzatura, rendendolo facilmente accessibile a tutti, non importa dove o quando.

Esercizi come squat a corpo libero, affondi e flessioni possono essere eseguiti ovunque e modificati per adattarsi alle esigenze individuali. livelli di forma fisica. L’allenamento funzionale può essere eseguito in vari contesti, tra cui a casa, in palestra o all’aperto.

Quindi, se stai cercando un modo completo ed efficace per migliorare la tua forma fisica generale, valuta la possibilità di incorporare l’allenamento della forza funzionale nella tua routine di esercizi e inizia a raccogliere i risultati di questo approccio pratico.

Differenza proteica tra Bianco dell’uovo e Whey protein

Differenza tra Bianco dell’uovo e Whey protein

Il bianco d’uovo e la whey protein sono entrambi fonti di proteine di alta qualità, ma hanno differenze significative:

  1. Fonti proteiche: Il bianco d’uovo è una fonte proteica interamente naturale e contiene una vasta gamma di amminoacidi essenziali e non essenziali. La whey protein, d’altra parte, è una proteina derivata dal siero del latte. La whey è spesso utilizzata come integratore proteico ed è nota per essere una fonte ad alto valore biologico, essendo rapidamente digeribile e ricca di amminoacidi essenziali.
  2. Velocità di assorbimento: La whey protein è solitamente digerita più rapidamente rispetto al bianco d’uovo. Questa caratteristica la rende ottima per il consumo post-allenamento quando il corpo ha bisogno di proteine facilmente digeribili per il recupero muscolare. Il bianco d’uovo è digerito più lentamente rispetto alla whey.
  3. Contenuto proteico: Il contenuto proteico della whey protein è solitamente più concentrato rispetto al bianco d’uovo. In 100 grammi di whey protein in polvere, il contenuto proteico è notevolmente superiore rispetto a 100 grammi di bianco d’uovo.
  4. Purità e praticità: La whey protein è prodotta per essere una fonte di proteine estremamente pura e concentrata. È comune nell’ambito dello sport e del fitness per la sua praticità, poiché è facile da mischiare in bevande o cibi.
  5. Natura e costo: Il bianco d’uovo è un alimento intero e naturale, disponibile da fonti alimentari. D’altro canto, la whey protein è spesso acquistata come integratore e può essere più costosa rispetto all’utilizzo diretto del bianco d’uovo come fonte proteica.

In generale, entrambe le fonti proteiche sono vantaggiose a seconda delle esigenze individuali. La scelta tra bianco d’uovo e whey protein dipenderà dall’obiettivo, dalla dieta personale, dalla praticità e da altri fattori specifici di ciascun individuo.

Tabella Amminoacidi

Amminoacidi Bianco d’uovo (100g) Whey Protein (100g) Var. perc. (approssimativa)
Lisina 930 mg 5500 – 7000 mg 492% – 650%
Leucina 1380 mg 9600 – 11000 mg 595% – 698%
Isoleucina 970 mg 6200 – 7800 mg 540% – 706%
Valina 1170 mg 6400 – 8400 mg 448% – 620%
Metionina 510 mg 2000 – 3000 mg 292% – 489%
Tryptofano 230 mg 1300 – 1500 mg 465% – 553%
Fenilalanina 980 mg 3000 – 4000 mg 206% – 309%
Treonina 730 mg 5800 – 6800 mg 696% – 832%
Istidina 470 mg 1700 – 2200 mg 261% – 368%
Arginina 510 mg 2500 – 3500 mg 390% – 586%
Tirosina 660 mg 2500 – 3000 mg 279% – 355%
Asparagina 1560 mg 6500 – 7800 mg 317% – 398%
Glutammina 2100 mg 17000 – 22000 mg 709% – 952%
Nota: I valori per la whey protein possono variare in base al tipo e al marchio specifico di prodotto utilizzato, quindi i numeri indicati sono approssimativi e possono differire.

Fonti ufficiali

DIPARTIMENTO DELL’AGRICOLTURA DEGLI STATI UNITI

Eseguire correttamente il push-up

Eseguire i piegamenti sulle braccia in modo corretto è fondamentale per evitare infortuni e massimizzare i benefici dell’esercizio.

Consigli per eseguire il push-up correttamente:

Push-up errori comuni

Push-up errori comuni

  1. Posizione del corpo: Inizia in una posizione a planata, con le mani posizionate leggermente più larghe delle spalle e allineate con il petto. Le gambe dovrebbero essere estese dietro di te, formando una linea retta dal collo ai talloni.
  2. Allineamento del corpo: Mantieni il corpo in linea retta durante tutto il movimento, evitando di far cadere i fianchi in basso o sollevare il sedere in alto. Un trucco utile è immaginare di avere una tavola dritta posizionata sul tuo corpo.
  3. Posizione delle mani: Le mani dovrebbero essere leggermente più larghe delle spalle e rivolte in avanti. Le dita dovrebbero essere aperte e distribuite uniformemente per avere una base stabile.
  4. Angolo del gomito: Quando scendi, piega i gomiti gradualmente formando un angolo di circa 45 gradi rispetto al corpo, non facendo che formare un angolo di 90 gradi. Ciò riduce lo stress sulle articolazioni delle spalle.
  5. Respirazione: Inspirare mentre scendi lentamente, e espirare mentre spingi verso l’alto. Questo aiuta a stabilizzare il core e a mantenere il ritmo corretto durante l’esercizio.
  6. Controllo del core: Mantieni i muscoli addominali contratti per mantenere il corpo in posizione stabile. Questo aiuta a prevenire la curvatura del bacino e a proteggere la parte bassa della schiena.
  7. Range di movimento: Cerca di abbassarti finché il petto è a pochi centimetri dal pavimento. Non è necessario toccare il pavimento con il petto, poiché potrebbe mettere troppo stress sulle spalle.
  8. Progressione graduale: Se sei alle prime armi o non hai molta forza, inizia con le versioni più semplici dei piegamenti, come i piegamenti sulle ginocchia. Man mano che guadagni forza, puoi passare ai piegamenti tradizionali.
  9. Attenzione alle spalle: Se avverti dolore o disagio alle spalle, potresti non avere ancora la forza necessaria per eseguire correttamente i piegamenti sulle braccia. Inizia con esercizi di rinforzo delle spalle e progredisce gradualmente.
  10. Recupero: Dopo l’allenamento, è importante fare degli stretching leggeri per le spalle, il petto e le braccia. Questo aiuterà a ridurre la tensione muscolare e a migliorare la flessibilità.

Ricorda che la qualità del movimento è più importante della quantità.

Non forzare mai l’esercizio.

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Perchè gli atleti prendono le whey protein?

Generalmente atleti competitivi preferiscono le whey protein rispetto ad altre fonti proteiche come la carne e il latte. Perché e quali sono i benefici?

Ecco alcuni punti chiave che spiegano perché gli atleti preferiscono le whey protein rispetto ad altre fonti proteiche come la carne o il latte:

  1. Velocità di assorbimento: Le whey protein sono notoriamente ad alto valore biologico e vengono assorbite rapidamente dall’organismo. Contengono un’elevata concentrazione di amminoacidi essenziali e ramificati (BCAA), che sono importanti per la sintesi proteica muscolare e il recupero post-allenamento. La rapida digestione e l’assorbimento delle whey protein consentono di fornire rapidamente gli amminoacidi necessari ai muscoli dopo l’allenamento.
  2. Profilo aminoacidico: Le whey protein contengono un profilo completo di amminoacidi essenziali, che il corpo non può sintetizzare autonomamente e deve essere assunto tramite la dieta. Questo profilo aminoacidico completo rende le whey protein un’ottima fonte proteica per supportare la sintesi proteica muscolare e il recupero dopo l’allenamento.
  3. Contenuto di grassi e carboidrati: Le whey protein, specialmente quelle isolate, sono generalmente a basso contenuto di grassi e carboidrati. Questo le rende una scelta preferita per gli atleti che desiderano aumentare l’apporto proteico senza aggiungere un’eccessiva quantità di calorie o altri nutrienti.
  4. Comodità e praticità: Le whey protein sono disponibili in forma di polvere che può essere facilmente miscelata con acqua o altri liquidi per creare una bevanda proteica. Questa comodità rende le whey protein una scelta pratica per gli atleti che desiderano un rapido apporto proteico senza la necessità di cucinare o preparare pasti complessi.

Tuttavia, è importante sottolineare che le whey protein non sono l’unica fonte di proteine adatta per gli atleti. Altre fonti proteiche come la carne, il pesce, le uova, i latticini e le leguminose possono offrire benefici nutrizionali simili. La scelta tra le diverse fonti proteiche dipende dalle preferenze individuali, dalle esigenze dietetiche e dalle restrizioni alimentari personali.

In definitiva, le whey protein sono popolari tra gli atleti per la loro velocità di assorbimento, profilo aminoacidico completo e comodità nell’assunzione.

LA FATICA: CAUSE E MECCANISMI

La fatica, definita essenzialmente come la riduzione – indotta dall’esercizio fisico – della forza e della potenza e l’inabilità di continuare a svolgere l’attività fisica.

La Fatica

La fatica ,  limita notevolmente la prestazione agonistica, specialmente negli sport di endurance.

L’instaurarsi della fatica e del suo sviluppo da cosa dipendono?

L’instaurarsi della fatica e del suo sviluppo dipendono fondamentalmente da:

  1. dal tipo, dall’intensità e dalla durata dell’attività fisica;
  2. dal tipo di fibre muscolari che vengono interessate;
  3. dal tipo di contrazione muscolare che viene eseguita;
  4. dalla preparazione psico-fisica dell’atleta.

Quali sono le principali cause della fatica?

Le principali cause sono da ricondurre a

  1. all’esaurimento delle riserve energetiche;
  2. all’accumulo di sotto-prodotti metabolici;
  3. al rallentamento delle attività cerebrali deputate al movimento;
  4. alla elevata temperatura corporea.

Tuttavia, la fatica non è imputabile a un singolo fattore, infatti essa è causata dalla combinazione di più fattori e pertanto la fatica risulta essere multifattoriale.

La fatica periferica e la fatica centrale

Tra i principali meccanismi riconosciuti spesso si ravvisa una cosiddetta “fatica periferica”, confinata primariamente nel muscolo o in prossimità dello stesso e una cosiddetta “fatica centrale” che coinvolge il sistema nervoso centrale.

Sebbene per lungo tempo l’attenzione dei ricercatori e degli allenatori si fosse focalizzata quasi esclusivamente sulla “fatica periferica”,  negli ultimi decenni i due meccanismi di “fatica periferica” e di “fatica centrale” sono stati fusi nel cosiddetto Modello Omeostatico. Tale modello è basato fondamentalmente sul fatto che la contrazione muscolare produce cambiamenti lineari fisiologici sul metabolismo, sulle riserve energetiche, sul sistema cardiovascolare e sulla temperatura corporea e quindi la fatica risulta dalla incapacità  di mantenere l’omeostasi o direttamente a livello del muscolo attivo (fatica periferica) o indirettamente a livello del sistema nervoso centrale (fatica centrale).

Ciò nonostante, il modello omeostatico non riesce a spiegare alcuni importati e comuni fenomeni osservati negli atleti.  Così, abbastanza recentemente, è stato introdotto un nuovo ipotetico meccanismo, il cosiddetto Modello Anticipatorio noto anche come Modello del Governatore Centrale (Central Governor Model; CGM) che spiega meglio, in maniera più chiara, tali importanti e comuni fenomeni. In particolare, il CGM asserisce che prima dell’esercizio bisogna prendere in debita considerazione alcuni input fisiologici e psicologici (p.e. lo stato fisiologico, la distanza e la durata prevista, le precedenti esperienze motivazionali e di competizione)  e alcuni feedback (p.e. le riserve energetiche, la velocità di accumulo del calore corporeo, lo stato di idratazione, l’autostima). Quindi durante l’esercizio, in questo modello, i continui feedback derivanti da vari sistemi vengono integrati per regolare l’esercizio, modificando continuamente il numero delle unità motorie reclutate nei corrispondenti arti. Sostanzialmente, nel CGM, l’esercizio è visto come un comportamento regolato da strutture complesse presenti nel sistema nervoso centrale, specificatamente per assicurarsi che l’esercizio termini prima che si possa instaurare un catastrofico disastro biologico. E’ importante sottolineare che nel CGM la fatica è considerata come una condizione relativa e non assoluta, come dire che l’atleta può sempre continuare la sua azione ma, in generale, a un ritmo più lento.

In ogni modo, a tutt’oggi la fatica è un argomento non pienamente compreso, infatti l’esatto meccanismo attraverso il quale il corpo sviluppa la fatica rimane un mistero e forse l’aspetto più frustrante è la presenza di differenze individuali. Certamente, sull’argomento fatica, in ambito sportivo come in campo clinico,  molta più ricerca è auspicabile.

Bibliografia sulla Fatica

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  2. Zajac A. et al. Central and peripheral fatigue during resistance exercise – A critical review. J. Hum. Kinet., 49, 159-169, 2015.
  3. Shei R.-J. and Mickleborough T.D. Relative contribution of central and peripheral factors in human muscle fatigue during exercise: A brief review. J. Exerc. Physiol., 16, 1-17, 2013.
  4. Finsterer J. Biomarkers of peripheral muscle fatigue during exercise. BMC Musculoskeletal Disorders, 13, 1-13, 2012.
  5. Noaks T.D. Time to move beyond a brainless exercise physiology: the evidence for complex regulation of human exercise performance. Appl. Physiol. Nutr. Metab., 36, 23-35, 2011.

Il lattato nello sport: domande e risposte

Quello che vorresti sapere sul lattato e nessuno ti ha mai spiegato

Il lattato fuoriesce dalle fibre muscolari durante l’esercizio?

Sì. Durante l’esercizio fisico intenso, le fibre muscolari producono energia tramite il metabolismo anaerobico, che porta alla produzione di acido lattico (o lattato). L’acido lattico viene rilasciato dalle fibre muscolari e può essere trasportato nel sangue per essere utilizzato come fonte di energia da altri tessuti del corpo, come cuore e fegato.

Inoltre, il lattato può anche essere utilizzato per la sintesi di glucosio nel fegato, un processo noto come gluconeogenesi. Tuttavia, se la produzione di lattato supera la capacità del corpo di utilizzarlo o rimuoverlo, può accumularsi nel muscolo e nel sangue, causando affaticamento muscolare e acidosi lattica.

Acido lattico e lattato sono sinonimi?

Struttura acido lattico (Fonte:WIKIPEDIA)
Acido lattico :Struttura (Fonte WIkipedia)

No.

Acido lattico e lattato sono due forme del medesimo composto chimico, ovvero l’acido 2-idrossipropanoico.

In soluzione acquosa, l’acido lattico si dissocia in ione lattato e ione idrogeno, in modo che ci si possa riferire all’acido lattico come forma protonata e al lattato come forma deprotonata.

Il motivo per cui si paragona (erroneamente) acido lattico e lattato è che spesso si fa riferimento all’acido lattico in relazione all’accumulo di lattato nei muscoli durante l’esercizio fisico intenso. La terminologia corretta è quella di lattato, poiché la maggior parte dell’acido lattico prodotto dalle fibre muscolari si dissocia rapidamente in lattato e idrogeno a causa della presenza di enzimi chiamati lattato deidrogenasi.

Pertanto, quando si parla di l’accumulo di acido lattico nei muscoli, ci si riferisce effettivamente all’accumulo di lattato.

Il cervello e cuore riutilizzano il lattato prodotto?

Sì, il cervello e il cuore possono utilizzare il lattato come fonte di energia durante l’esercizio fisico intenso o in situazioni di ridotta disponibilità di glucosio.

In particolare, il cuore è in grado di utilizzare il lattato prodotto dalle fibre muscolari come fonte di energia per sostenere la sua attività contrattile.

Per quanto riguarda il cervello, in passato si riteneva che questo organo potesse utilizzare solo il glucosio come fonte di energia. Tuttavia, studi più recenti hanno dimostrato che il cervello può utilizzare anche il lattato come fonte di energia durante l’attività fisica intensa o in condizioni di bassa disponibilità di glucosio.

Il lattato prodotto dalle fibre muscolari viene rilasciato nel sangue e trasportato attraverso la circolazione sanguigna ai tessuti che ne hanno bisogno, compreso il cuore e il cervello. Una volta arrivato ai tessuti bersaglio, il lattato viene trasportato all’interno delle cellule e metabolizzato per produrre energia attraverso il processo di glicolisi e la catena di trasporto degli elettroni. In generale, il lattato può essere utilizzato come fonte di energia da quasi tutti i tessuti del corpo che hanno bisogno di energia per svolgere le loro funzioni.

Il lattato può passare anche da una fibre veloce ad una lenta?

Sì, il lattato prodotto dalle fibre muscolari veloci può essere trasportato e utilizzato dalle fibre muscolari lente, e viceversa.

Infatti, durante l’esercizio fisico, il lattato prodotto dalle fibre muscolari veloci può essere trasportato nel sangue e quindi utilizzato dalle fibre muscolari lente per produrre energia.

Inoltre, l’allenamento aerobico può aumentare la capacità del corpo di utilizzare il lattato come fonte di energia, in modo che le fibre muscolari lente possano utilizzare il lattato prodotto dalle fibre muscolari veloci con maggiore efficienza. Ciò è dovuto all’aumento della capacità del sistema cardiovascolare di trasportare il lattato dal muscolo al fegato e al cuore, nonché all’aumento dell’attività dell’enzima lattato deidrogenasi, che è coinvolto nella produzione di energia attraverso il metabolismo del lattato.

In generale, il lattato prodotto dalle fibre muscolari veloci può essere considerato una risorsa energetica importante per le fibre muscolari lente, poiché queste ultime hanno una maggiore capacità di utilizzare il lattato come fonte di energia, mentre le fibre muscolari veloci hanno una maggiore capacità di produrre lattato grazie al loro metabolismo anaerobico.

Perché l’accumulo di lattato nei muscoli è associato a una serie di effetti negativi?

Durante l’esercizio fisico intenso, il metabolismo anaerobico delle fibre muscolari può produrre grandi quantità di lattato, che si accumula nei muscoli e può causare una sensazione di bruciore muscolare, stanchezza e affaticamento. Questo è il motivo per cui l’accumulo di lattato è spesso correlato a un fattore limitante per la performance atletica ad alta intensità.

Tuttavia, l’interpretazione tradizionale secondo cui l’accumulo di lattato è la causa della fatica è errata ed è un classico esempio di errata applicazione del fenomeno di causa ed effetto. Come sappiamo, l’esistenza di una correlazione tra due variabili non implica che una variabile causi il cambiamento nell’altra variabile. In altre parole, solo perché è aumentato il lattato muscolare/sanguigno
e le prestazioni ridotte sono correlate, non significa che l’aumento del lattato muscolare/sanguigno causi prestazioni ridotte.

Da aggiungere che l’accumulo di lattato nel sangue può abbassare il pH del sangue, portando a una condizione chiamata acidosi lattica. L’acidosi lattica può causare sintomi come nausea, vomito, crampi muscolari, difficoltà respiratorie e confusione, e in casi estremi può portare a insufficienza organica e perfino alla morte.

Infine, anche se il lattato può essere utilizzato come fonte di energia dai tessuti del corpo, l’accumulo di grandi quantità di lattato può portare a una ridotta efficienza energetica e a un aumento della produzione di radicali liberi, che possono danneggiare le cellule e causare infiammazione.

In generale, l’accumulo di lattato è un segnale di uno sforzo fisico intenso e di una necessità del corpo di produrre energia in modo anaerobico.

Forza e lattato

L’accumulo di lattato durante l’esercizio ad alta intensità può influire sulla forza muscolare e sulla capacità di svolgere ulteriori attività ad alta intensità.

Una gara sugli 800m. In questa gara si raggiungono alti livelli di lattato.
Una gara sugli 800m (Fonte: WIKIPWDIA)

Durante l’esercizio ad alta intensità, la produzione di lattato supera la capacità del corpo di rimuoverlo rapidamente, portando ad un accumulo di lattato nel sangue e nei muscoli. L’accumulo di lattato può interferire con la funzione muscolare e nervosa, causando stanchezza e perdita di forza muscolare.

L’accumulo di lattato, quindi, può influire sulla capacità del muscolo di produrre forza in modo efficiente. Ciò avviene perché l’accumulo di lattato causa un aumento dell’acidità nel muscolo, che a sua volta può interferire con la funzione dei enzimi muscolari responsabili della produzione di energia.

Inoltre, l’accumulo di lattato può causare una riduzione della disponibilità di substrati energetici, come il glicogeno muscolare, necessari per produrre energia. Ciò può influire sulla capacità del muscolo di produrre forza e di svolgere ulteriori attività ad alta intensità.

Il lattato provoca indolenzimento muscolare, dolore e altri sintomi fastidiosi durante e dopo l’esercizio?

Non esiste una teoria scientifica o una ragione che suggerisca che il lattato contribuisca alle sensazioni muscolari scomode tipicamente avvertite durante e nelle ore e nei giorni successivi ad un esercizio fisico intenso e/o non abituale. Infatti, il lattato prodotto durante l’esercizio viene rimosso dal muscolo entro circa 1 ora dopo l’esercizio e quindi non può essere la causa del dolore muscolare ritardato.

Le sensazioni muscolari scomode che a volte si avvertono durante l’esercizio, come dolore e bruciore, non hanno una causa accettata chiaramente. Tuttavia, queste sensazioni potrebbero essere dovute alla stimolazione di terminazioni nervose libere nocicettive (gruppi III e IV di afferenti muscolari) da parte di sostanze biochimiche come H+ e da uno stress meccanico associato alla contrazione. Il dolore muscolare a volte avvertito nelle ore e nei giorni successivi all’esercizio fisico è probabilmente dovuto ad un effetto sul percorso che coinvolge una microtrauma dell’architettura muscolare che porta all’infiammazione, all’edema intramuscolare (gonfiore) e alla sensibilizzazione mediata dagli ormoni delle terminazioni nervose libere nel muscolo.

Uno studio ci dice che una dieta ricca di proteine ​​aiuta i topi e le mosche a dormire meglio

Il cibo ingerito può influenzare il sonno? 

La pubblicazione su Sciencedirect.com

Katri Peuhkuri, una ricercatrice dell’Istituto di biomedicina, farmacologia, fisiologia della nutrizione medica presso l’Università di Helsinki ha pubblicato su lo studio su sciencedirect.com e ha mostrato che una dieta ricca di proteine diminuisce l’eccitazione di mosche e topi durante il sonno.

Ci sono prove crescenti che dimostrano che il sonno ha un’influenza sulle scelte dietetiche. Sia gli studi trasversali che quelli epidemiologici hanno dimostrato che coloro che dormono meno hanno maggiori probabilità di consumare cibi ricchi di energia (come grassi o carboidrati raffinati), di consumare meno porzioni di verdure e di avere abitudini alimentari più irregolari. In questa rassegna narrativa, poniamo la domanda opposta: il cibo ingerito può influenzare il sonno? 

L’effetto sembra essere mediato da un peptide secreto dall’intestino che segnala ai neuroni del cervello che modulano la risposta alle vibrazioni meccaniche. In particolare, i ricercatori hanno scoperto che le proteine alimentari attivano le cellule dell’intestino che secernono il peptide CCHa1, il quale, a sua volta, agisce su un gruppo di neuroni che regolano la risposta alle vibrazioni meccaniche nel cervello.

Gli esperimenti su topi hanno mostrato che anche una dieta arricchita di proteine ha reso questi animali più difficili da svegliare in risposta alle vibrazioni meccaniche, anche se non è ancora chiaro se il meccanismo sia lo stesso delle mosche.

I ricercatori hanno descritto gli effetti dell’assunzione di proteine e dei livelli di CCHa1 come promotori di un “sonno più profondo” in questi modelli animali, ma alcuni esperti hanno consigliato cautela nell’uso di questo termine. Tuttavia, il collegamento tra l’asse intestino-cervello e l’alimentazione è un interessante oggetto di studio.

Cos’è il respiratory compensation point?

Il respiratory compensation point in italiano tradotto come “punto di compensazione respiratoria” è un indicatore dell’intensità dell’esercizio aerobico ed è spesso utilizzato come punto di riferimento per la programmazione dell’allenamento.

Il RCP viene calcolato attraverso l’analisi della relazione tra la produzione di anidride carbonica (CO2) e la ventilazione polmonare durante l’esercizio.

Durante l’esercizio aerobico, il corpo utilizza l’ossigeno per produrre energia e in questo processo, produce anche anidride carbonica come sottoprodotto. Quando l’esercizio diventa più intenso, il corpo produce più anidride carbonica e per mantenerne l’equilibrio, la ventilazione polmonare aumenta per eliminare la CO2 in eccesso.

Vecchia tabella relativa a un test su cicloergometro per misurare massimo consumo di ossigeno ed altro.
Tabella creata manualmente per rilevare il VO2MAX

Il RCP è il punto in cui la produzione di anidride carbonica supera la capacità del corpo di eliminarla, quindi la ventilazione polmonare non può più aumentare per soddisfare la domanda di ossigeno e CO2.

Questo punto può essere individuato graficamente attraverso l’analisi della relazione tra la produzione di CO2 e la ventilazione polmonare durante l’esercizio oppure può essere stimato attraverso test di sforzo cardiorespiratorio su cicloergometro o tapis, in cui i parametri fisiologici vengono monitorati mentre l’intensità dell’esercizio aumenta gradualmente.

Qui di seguito una tabella che simula un test al cicloergometro. Si puoi notare come il VO2 e il VCO2 aumentano proporzionalmente all’aumento della potenza espressa in watt, ma quando si arriva al valore di 160 W (a partire dalla riga 11), il VCO2 aumenta a un tasso più elevato rispetto al VO2, indicando che il corpo non è più in grado di eliminare tutta la CO2 prodotta attraverso la ventilazione polmonare. In base a questa tabella, il punto di RCP si verifica a una potenza di 160 W, momento in cui il corpo inizia a produrre più CO2 di quanto riesce ad eliminare.

Tempo (min)Watt (W)VO2 (ml/kg/min)VCO2 (ml/kg/min)
0501010
1601211
2701412
3801613
4901814
51002015
61102216
71202417
81302618
91402819
101503020
111603222
121703424
131803626
141903828
152004030

In generale, il RCP si verifica tra il 60-85% della massima capacità aerobica di una persona, e viene utilizzato come punto di riferimento per l’allenamento di resistenza cardiovascolare e la determinazione della zona di intensità dell’allenamento aerobico.

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