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LA FATICA: CAUSE E MECCANISMI

La fatica, definita essenzialmente come la riduzione – indotta dall’esercizio fisico – della forza e della potenza e l’inabilità di continuare a svolgere l’attività fisica.

La Fatica

La fatica ,  limita notevolmente la prestazione agonistica, specialmente negli sport di endurance.

L’instaurarsi della fatica e del suo sviluppo da cosa dipendono?

L’instaurarsi della fatica e del suo sviluppo dipendono fondamentalmente da:

  1. dal tipo, dall’intensità e dalla durata dell’attività fisica;
  2. dal tipo di fibre muscolari che vengono interessate;
  3. dal tipo di contrazione muscolare che viene eseguita;
  4. dalla preparazione psico-fisica dell’atleta.

Quali sono le principali cause della fatica?

Le principali cause sono da ricondurre a

  1. all’esaurimento delle riserve energetiche;
  2. all’accumulo di sotto-prodotti metabolici;
  3. al rallentamento delle attività cerebrali deputate al movimento;
  4. alla elevata temperatura corporea.

Tuttavia, la fatica non è imputabile a un singolo fattore, infatti essa è causata dalla combinazione di più fattori e pertanto la fatica risulta essere multifattoriale.

La fatica periferica e la fatica centrale

Tra i principali meccanismi riconosciuti spesso si ravvisa una cosiddetta “fatica periferica”, confinata primariamente nel muscolo o in prossimità dello stesso e una cosiddetta “fatica centrale” che coinvolge il sistema nervoso centrale.

Sebbene per lungo tempo l’attenzione dei ricercatori e degli allenatori si fosse focalizzata quasi esclusivamente sulla “fatica periferica”,  negli ultimi decenni i due meccanismi di “fatica periferica” e di “fatica centrale” sono stati fusi nel cosiddetto Modello Omeostatico. Tale modello è basato fondamentalmente sul fatto che la contrazione muscolare produce cambiamenti lineari fisiologici sul metabolismo, sulle riserve energetiche, sul sistema cardiovascolare e sulla temperatura corporea e quindi la fatica risulta dalla incapacità  di mantenere l’omeostasi o direttamente a livello del muscolo attivo (fatica periferica) o indirettamente a livello del sistema nervoso centrale (fatica centrale).

Ciò nonostante, il modello omeostatico non riesce a spiegare alcuni importati e comuni fenomeni osservati negli atleti.  Così, abbastanza recentemente, è stato introdotto un nuovo ipotetico meccanismo, il cosiddetto Modello Anticipatorio noto anche come Modello del Governatore Centrale (Central Governor Model; CGM) che spiega meglio, in maniera più chiara, tali importanti e comuni fenomeni. In particolare, il CGM asserisce che prima dell’esercizio bisogna prendere in debita considerazione alcuni input fisiologici e psicologici (p.e. lo stato fisiologico, la distanza e la durata prevista, le precedenti esperienze motivazionali e di competizione)  e alcuni feedback (p.e. le riserve energetiche, la velocità di accumulo del calore corporeo, lo stato di idratazione, l’autostima). Quindi durante l’esercizio, in questo modello, i continui feedback derivanti da vari sistemi vengono integrati per regolare l’esercizio, modificando continuamente il numero delle unità motorie reclutate nei corrispondenti arti. Sostanzialmente, nel CGM, l’esercizio è visto come un comportamento regolato da strutture complesse presenti nel sistema nervoso centrale, specificatamente per assicurarsi che l’esercizio termini prima che si possa instaurare un catastrofico disastro biologico. E’ importante sottolineare che nel CGM la fatica è considerata come una condizione relativa e non assoluta, come dire che l’atleta può sempre continuare la sua azione ma, in generale, a un ritmo più lento.

In ogni modo, a tutt’oggi la fatica è un argomento non pienamente compreso, infatti l’esatto meccanismo attraverso il quale il corpo sviluppa la fatica rimane un mistero e forse l’aspetto più frustrante è la presenza di differenze individuali. Certamente, sull’argomento fatica, in ambito sportivo come in campo clinico,  molta più ricerca è auspicabile.

Bibliografia sulla Fatica

  1. The Biochemical Basis of Sports Performance 2nd ed. by Maughan R. and  Gleeson M., Oxford  University Press, 2011.
  2. Zajac A. et al. Central and peripheral fatigue during resistance exercise – A critical review. J. Hum. Kinet., 49, 159-169, 2015.
  3. Shei R.-J. and Mickleborough T.D. Relative contribution of central and peripheral factors in human muscle fatigue during exercise: A brief review. J. Exerc. Physiol., 16, 1-17, 2013.
  4. Finsterer J. Biomarkers of peripheral muscle fatigue during exercise. BMC Musculoskeletal Disorders, 13, 1-13, 2012.
  5. Noaks T.D. Time to move beyond a brainless exercise physiology: the evidence for complex regulation of human exercise performance. Appl. Physiol. Nutr. Metab., 36, 23-35, 2011.

Muscoli ed energia, energia e muscoli

In che modo i nostri muscoli ottengono l’energia per svolgere il lavoro?

Muscoli e motore

Anche se muscoli e motori funzionano in maniera diversa, entrambi convertono l’energia chimica in energia di movimento.

Un motore di una auto utilizza l’energia immagazzinata dalla benzina e la converte in calore ed energia di movimento (energia cinetica).

I muscoli utilizzano l’energia chimica immagazzinata dal cibo che mangiamo e la convertono in calore ed energia di movimento (energia cinetica).

Abbiamo bisogno di energia per consentire la crescita e la riparazione dei tessuti, per mantenere la temperatura corporea e per alimentare l’attività fisica.

L’energia proviene da cibi ricchi di carboidrati, proteine e grassi.

I sistemi energetici

Origini dell’energia per la contrazione muscolare

La fonte di energia utilizzata per eseguire il movimento di contrazione dei muscoli che lavorano è l’adenosinatrifosfato (ATP), il modo biochimico del corpo di immagazzinare e trasportare energia. Tuttavia, l’ATP non viene immagazzinato in larga misura nelle cellule. Quindi, una volta iniziata la contrazione muscolare, la produzione di più ATP deve iniziare rapidamente. Quindi abbiamo necessità di risintetizzare   ATP.

Poiché l’ATP è così importante, le cellule muscolari hanno diversi sistemi per farlo. Questi sistemi lavorano insieme in fasi.

I tre sistemi biochimici per la produzione di ATP sono, nell’ordine:

  1. sistema creatinfosfato (PC);
  2. sistema che utilizza il glicogeno;
  3. sistema della respirazione aerobica.

Meccanismo anaerobico alattacido –  Sistema creatinfosfato(PC)

Tutte le cellule muscolari hanno un po’ di ATP al loro interno che possono usare immediatamente, ma solo quanto basta per durare per circa 3 secondi!  Tutte le cellule muscolari contengono un composto ad alta energia chiamato creatinfosfato che viene scomposto per produrre più ATP rapidamente.

La creatinfosfato può fornire il fabbisogno energetico di un muscolo che lavora a una velocità molto elevata, ma solo per circa 8-10 secondi.

Meccanismo anaerobico alattacido

Meccanismo anaerobico alattacido

Ricostruzione creatinfosfato(PC)

Ricostruzione creatinfosfato(PC)

Meccanismo anaerobico lattacido –  Sistema che utilizza il Glicogeno (senza ossigeno)

Meccanismo anaerobico lattacido

Meccanismo anaerobico lattacido

Fortunatamente, i muscoli hanno anche grandi riserve di un carboidrato, chiamato glicogeno, che può essere utilizzato per produrre ATP dal glucosio. Questo ciclo richiede all’incirca 12 reazioni chimiche, quindi fornisce energia più lentamente rispetto alla creatinfosfato. Tuttavia, è ancora piuttosto rapido e produrrà energia sufficiente per durare circa 90 secondi. L’ossigeno non è necessario: questo è fantastico, perché il cuore e i polmoni impiegano un po’ di tempo per inviare un maggiore apporto di ossigeno ai muscoli. Durante la produzione di ATP senza l’utilizzo di ossigeno viene “creato” un sottoprodotto che è l’acido lattico. Puoi sapere quando i tuoi muscoli stanno accumulando acido lattico perché provoca stanchezza e dolore.

Meccanismo aerobico – Respirazione aerobica con ossigeno

Meccanismo aerobico

Meccanismo aerobico

Entro due minuti dall’esercizio, il corpo inizia a fornire ossigeno ai muscoli che lavorano. Quando è presente l’ossigeno (meccanismo aerobico), può avvenire la respirazione aerobica per scomporre il glucosio per creare ATP. Il glucosio può provenire da diversi luoghi:

  • rifornimento di glucosio rimanente nelle cellule muscolari
  • glucosio dal cibo nell’intestino
  • glicogeno nel fegato
  • riserve di grasso nei muscoli
  • in casi estremi (come la fame), le proteine del corpo.

Il meccanismo aerobico richiede ancora più reazioni chimiche per produrre ATP rispetto a uno dei due sistemi precedenti.

È il più lento di tutti e tre i sistemi, ma può fornire ATP per diverse ore o più, a condizione che la fornitura di carburante duri.


Un esempio per spiegare il funzionamento dei tre sistemi energetici

Sincronizzazione dei sistemi energetici

Sincronizzazione dei sistemi energetici

Abbiamo perso l’autobus per andare a lavoro e quindi iniziamo a correre per non arrivare tardi.

  • Per i primi 3 secondi della corsa, le nostre cellule muscolari usano l’ATP che hanno al loro interno.
  • Per i successivi 8-10 secondi, i muscoli useranno le riserve di creatinfosfato per fornire ATP.
  • Dal momento che non siamo ancora arrivati a lavoro, il sistema del glicogeno (creo ATP senza bisogno di ossigeno) entra in azione.
  • Manca ancora tanta strada per arrivare a lavoro e abbiamo bisogno di correre, a questo punto subentra la respirazione aerobica (creo ATP con l’ossigeno).

 Nello sport quali sistemi energetici si utilizzano?

Sappiamo bene che un atleta che corre al massimo per 100m ottiene ATP in un modo molto diverso da un maratoneta che corre per 42,1 km.

  • L’uso di creatina fosfato – Questo sistema sarebbe il sistema principale utilizzato da sollevatori di pesi o velocisti sulle brevi distanze perché dura solo 8-10 secondi.
  • Uso di glicogeno (senza ossigeno) – Questo dura 90 secondi circa, quindi sarebbe il sistema utilizzato in eventi come 100 m nel nuoto o nei 200 e 400 nell’atletica.
  • Utilizzo della respirazione aerobica: dura per un tempo illimitato, quindi è il sistema utilizzato negli eventi di resistenza come la maratona, ciclismo lunghe distanze, canottaggio, pattinaggio e così via.

Tabella riepilogo sistemi energetici

Tabella riepilogo sistemi energetici

Un video utile sull’argomento: Il metabolismo nell’esercizio fisico

Una utilissima dispensa sull’argomento(Pdf)

La soglia del lattato (Lactate threshold)

La soglia del lattato o lactate threshold (LT) è lo sforzo o l’intensità massima che un atleta può mantenere per un lungo periodo di tempo con un aumento minimo o nullo del lattato nel sangue. Quindi l’intensità di carico associato ad un incremento di concentrazione di lattato ematico al di sopra dei valori di riposo denota la soglia lattacida (LT). 

curva soglia del lattato (LT)

Fonte Mc . Ardle

Durante un esercizio a stato stazionario e a bassa intensità, la concentrazione di lattato non aumenta al di sopra delle normali variazioni fisiologiche osservate a riposo.

Man mano che l’intensità aumenta i livelli di lattato ematico tendono ad aumentare.

Il fabbisogno di carboidrati nell’allenamento intenso

Gli atleti  che si allenano per attività aerobiche di resistenza, come i maratoneti, i nuotatori, i fondisti o i ciclisti, spesso lamentano uno stato di fatica cronica che, nei giorni successivi ad allenamenti intensi diventa progressivamente più marcata. Continue reading

Resistance training: una panoramica.

Cosa si intende per Resistance training?

Tradotto brutalmente in lingua italiana si intende Allenamento con sovraccarichi oppure come si dice in gergo Allenamento con i pesi; da non confondere con allenamento di resistenza in inglese Endurance training.

 

Resistence training è il metodo più efficace disponibile per mantenere e aumentare nel corpo la massa magra, per migliorare la forza e la resistenza muscolare.

Questi miglioramenti sono sviluppati utilizzando il principio di sovraccarico progressivo (cioè l’aumento graduale dello stress  sul corpo, durante l’allenamento).

Glicogeno muscolare e intensità dell’esercizio

Effetto della variazione dell’intensità dell’esercizio sulla deplezione del glicogeno nelle fibre muscolari umane

La deplezione di glicogeno delle fibre muscolari di tipo I, II A, IIAB e IIB è stata studiata  durante l’esercizio in bicicletta al 43% (π = 5), 61% (π = 7) e 91% (π = 5) del massimo consumo di ossigeno (VO2MAX).

Il contenuto di glicogeno nelle singole fibre: Continue reading

Miglioramento a lungo termine della resistenza  prolungata (endurance)  senza un corrispondente aumento  del massimo consumo di ossigeno (VO2MAX)

Generalmente si raggiunge il proprio massimo valore di VO2MAX nell’arco di 18 mesi di un intenso allenamento di resistenza prolungata

Ciononostante, la prestazione di resistenza continua a migliorare per molti anni se si prosegue l’allenamento con regolarità. Continue reading

Adattamenti muscolari in risposta a tre diversi regimi di allenamento contro resistenza: specificità di ripetizioni massime e zone di allenamento

Adattamenti muscolari in risposta a tre diversi regimi di allenamento di resistenza: specificità delle zone di allenamento massime di ripetizione

(Muscular adaptations in response to three different resistance-training regimens: specicity of repetition maximum training zones  – Gerson E.R. Campos Æ Thomas J. Luecke, Heather K. Wendeln Æ Kumika Toma, Fredrick C. Hagerman Æ Thomas F. Murray,Kerry E. Ragg Æ Nicholas A. Ratamess,William J. Kraemer Æ Robert S. Staron)


 Trentadue uomini non allenati età 22,5 (5,8) anni, altezza 178.3 (7.2) cm, massa corporea 77,8 (11,9) kg hanno partecipato a un programma di allenamento di  forza progressiva di 8 settimane per studiare la ” strength-endurance continuum”. Continue reading