Se prendiamo l’esempio di un giovane corridore maschio, che inizia l’allenamento con un VO2MAX pari a 52,0 ml/kg/min. Dopo due anni, l’atleta raggiunge un VO2MAX di 71,0 ml/kg/min, che è il valore più alto a lui accessibile in quanto geneticamente determinato, e non riesce a migliorarlo ulteriormente malgrado programmi di allenamento più intensi.
A questo punto, come si vede nel grafico sotto, il giovane atleta riesce a correre alla sua massima velocità al 75% del proprio VO2MAX (0,75 x 71,0 X = 53,5 ml/kg/min) in una gara di 10.000 m.
Dopo altri 2 anni di allenamento intenso, il VO2MAX rimane invariato, ma l’atleta riesce a correre alla sua massima velocità all’88% del proprio VO2max i suoi 10.000 metri (0,88 X 71,0 X = 62,5 ml/kg/min).
Ovviamente, l’andatura sarà molto più veloce, considerato che il consumo di ossigeno è salito a 62,5 ml/kg/min dai precedenti 53,5 ml/kg/min
Questo miglioramento della prestazione senza un aumento del massimo consumo di ossigeno (VO2MAX) deriva da un innalzamento della soglia del lattato perché la velocità di corsa è direttamente correlata al valore del V02 al momento in cui viene raggiunta la soglia lattacida.